Mamma ho Sonno! Conoscere la Narcolessia in età pediatrica. Online il nuovo libro dell’AIN

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da oggi è finalmente disponibile il nuovo libro:

“MAMMA HO SONNO – Conoscere la Narcolessia in età pediatrica”.

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Il racconto di Simonetta Benvenuti

Mi chiamo Simonetta e oggi finalmente mi sono decisa a raccontare la mia storia di “mamma col cuscino.

Ho due figli gemelli, Patrizio e Tiziano, Patrizio è narcolettico da circa trenta anni, ne aveva 11 quando tutto è cominciato,    

Patrizio si addormentava dappertutto, a scuola, a tavola, in macchina, e quindi abbiamo cominciato a cercare di capire cosa avesse, portandolo in visita da diversi specialisti, ai quali spiegavo il problema di mio figlio, ma nessuno prendeva in considerazione le mie informazioni né tanto meno parlava mai di narcolessia.

Ripensandoci oggi, capisco che nel 1985 pochissimi conoscessero questa malattia, non avevano idea del perché dormisse tanto, iniziarono le analisi, le tac, che davano esito negativo e ognuno di loro si inventava una patologia e una cura che non portava mai a niente.

Sconfortata dai risultati della medicina tradizionale mi sono rivolta alla medicina alternativa: omeopatica, vegetariana, macrobiotica, riflessologia, iridologia, per cadere poi finanche nella trappola di un prete guaritore… che a suo dire, impugnando un giunco, riusciva a sentire quello di cui soffriva una persona…

A causa di ciò sono state prescritte varie terapie che abbiamo eseguito con scrupolo anche se a volte ci sembravano assurde:  cataplasma di argilla sulla pancia da tenere tutta la notte, succo di limone al mattino, gocce omeopatiche e un’acqua da bere che vendeva soltanto il famoso prete veggente. Il mio povero bambino eseguiva tutto quello che gli dicevano di fare, ma continuava a dormire ovunque.

Siamo passati poi alla psicologia, siamo andati in un centro a Milano a fare dei test e a rispondere a tante domande, tipo, quando ha smesso di fare la pipi a letto, se accettava il fratello… noi continuavamo a dire che dormiva tutto il giorno ma ai dottori il sintomo “sonno” non interessava… e non è venuto in mente o non lo sapevano che nel padiglione accanto c’era un centro di medicina del sonno, e che forse andando li avremmo risolto qualcosa.

Intanto la vita andava avanti, Patrizio iniziava la scuola media inferiore, parlava del suo problema con tutti, anche se nessuno sapeva cosa poteva essere… e parlandone apertamente trovava comprensione fra i compagni e tra i maestri.

Noi genitori parlavamo con tutti del problema con la speranza che qualcuno sapesse cosa fosse e ci indicasse un ospedale dove risolvere questo problema.

Patrizio per fortuna ha da sempre avuto un carattere allegro, amicone e molto sicuro di sé e, nonostante il suo problema, la nostra casa è sempre stata piena di ragazzi, per giocare, per studiare, fare feste, suonare, insomma è stata una casa viva. Io non l’ho mai mortificato, mi sono subito resa conto che c’era un qualcosa nel suo cervello che aveva smesso di funzionare in modo corretto, e non ho mai pensato che fosse diventato un ragazzo svogliato o che ci fossero altri motivi. Sono passati cosi gli anni delle medie e quando ha scelto di fare il liceo artistico abbiamo ricominciato a fare informazione presso i docenti per spiegare il problema di Patrizio, ma non sapevamo ancora che malattia avesse. Stavamo in ansia tutti i giorni, perché per andare a scuola doveva prendere due autobus e qualche volta è capitato che addormentandosi sia sceso ad altre fermate, perdendo cosi la prima ora di lezione.

Comunque a scuola è andato sempre bene, prendeva ottimi voti, aveva scelto il ramo della scultura ottenendo ottimi risultati, frequentava con il fratello anche una scuola di musica e avevano messo su un gruppo e, come ho accennato in precedenza, venivano nella nostra abitazione per fare le prove, avendo iniziato a suonare nelle feste e nei locali della nostra città.

All’età di quindici anni si era anche fidanzato con Samantha, e lei è cresciuta con lui sapendo fin dall’inizio del suo problema.

Dopo sei anni di questo calvario, di sensi di colpa anche nei confronti del fratello, perché diceva che noi pensavamo solo a Patrizio, di frustrazione, perché pensavamo che questa malattia l’avesse ereditata da uno di noi, una mattina mentre cucinavo guardando in tv un programma di medicina, presentarono un professore di Bologna che spiegava i sintomi di una malattia chiamandola narcolessia, fecero vedere dei filmati di cani narcolettici che correvano sul prato e di colpo cadevano addormentati.

Il mio cuore comincio a battere forte, mi dovetti sedere, credevo di cadere tanta era l’emozione. Quello che spiegava erano tutti i sintomi di mio figlio, finalmente qualcuno sapeva cosa era e capii che c’era un posto dove si poteva andare per curare Patrizio.

Durante la trasmissione dissero il nome del professore (Lugaresi), ma non dettero recapiti telefonici o indicazione di quale ospedale si trattasse, sapevo soltanto che era a Bologna e questo mi bastò per iniziare la ricerca. Nel giro di una settimana eravamo già a Bologna, avevamo preso appuntamento con la dottoressa Emiliana Sforza che con una sola domanda a Patrizio prospettò che si potesse trattare di narcolessia, ma che doveva fare un esame per esserne certa. Ero felice, ma durò poco, perché la dottoressa ci fece subito presente che se gli accertamenti avessero confermato la sua ipotesi per questa malattia non c’era possibilità di guarirne e che mio figlio avrebbe dovuto convivere per tutta la sua vita con il suo  problema. Nonostante questo eravamo parzialmente contenti perché finalmente il problema di mio figlio aveva un nome e da li potevamo finalmente partire.

Dopo la conferma di narcolessia da parte della dottoressa, cominciarono le cure con un farmaco che ottenemmo in via compassionevole dalla Francia, ma nonostante il farmaco Patrizio era sempre assonnato. Pensavo di tornare dalla dottoressa per cercare di capire cosa si potesse fare oltre al farmaco per migliorare la vita di mio figlio, ma proprio nei primi mesi di cura la dottoressa andò via dal centro e subentrò il dr. Plazzi: dover ricominciare tutto con un altro medico mi preoccupava, ma oggi devo dire grazie al Professore.

Il mio desiderio e quello di Patrizio, era sapere se esistevano altri narcolettici per conoscerli, confrontarsi con loro e capire assieme cosa si poteva fare. Parlandone proprio con lui ci venne l’idea dell’associazione e chiedemmo se poteva informare i suoi pazienti della nostra idea; la cosa ebbe successo e fù cosi che da un piccolo gruppo  se non ricordo male di circa otto persone, nacque l’associazione.   

L’inizio è stato moto duro, i medici non sapevano niente di questa malattia, i malati stessi a differenza di noi non ne volevano parlare, molti si nascondevano e quindi tutto restava nell’oblio.

Abbiamo fatto molti sacrifici per mandare avanti l’associazione, organizzavamo pranzi con cento e più persone per raccapezzare un pò di soldi per poter andare ai congressi in tutta Italia, per informaci sulla malattia.

Ricordando ciò, sembra che tutto questo sia accaduto ieri, ma nel 2016 abbiamo festeggiato i venti anni d’attività associativa. Tante cose sono cambiate da allora, anch’io sono cambiata grazie all’associazione e a tutte le persone che ho incontrato, anni fa non avrei vinto la mia timidezza e come potete vedere solo adesso sono riuscita a esternare quanto da me vissuto in tutti questi anni.

Sono molto orgogliosa di quello che siamo riusciti a fare con tutti voi in questo tempo, adesso abbiamo collaboratori molto efficienti, referenti regionali, anche se tutte le regioni non sono coperte, un vice presidente molto attivo e con tante idee brillanti.

Questa è la mia storia e quella di mio figlio, spero che possa essere di conforto per tutte le persone che purtroppo dovranno confrontarsi con la narcolessia, ho fiducia che un giorno troveremo un rimedio per guarire da questa malattia. Nel frattempo teniamoci cara questa associazione, non nascondendo i nostri problemi ma parlandone con tutti, per far capire che è una malattia come tante e non c’è da vergognarsene. Per concludere con una nota positiva volevo informarvi che mio figlio Patrizio è sposato con la ragazza che ha conosciuto quando aveva quindici anni, hanno due splendide bambine, lavora con il fratello e affronta la vita con tranquillità, consapevole del suo problema, dando forza anche a me.

 

Simonetta Benvenuti la prima mamma con il cuscino.

Mamme col Cuscino – di Paola Fernandez

Noi che amiamo chi ci abbraccia,
ricoprendoci di parole,
ora fluenti, ora troncate da silenzi improvvisi.
Noi che mentre loro ridono teniamo il fiato sospeso
e ridiamo con loro,
guardando per terra.
Noi che abbiamo imparato a capire da frasi mozzate,
pensieri a metà, gesti interrotti.
Che guardiamo il crepuscolo nei loro occhi,
quando si chiudono incessantemente,
mentre sopravviene la sera,
anche a mezzogiorno.
Noi che li stringiamo forte,
mentre scuotono e parlano tra sogni e realtà.
Noi che siamo diventate custodi instancabili
di un sonno invincibile.
Noi, madri col cuscino.

A me ed a tutte le mamme come me,
mamme col cuscino“.

Gli occhi di mio figlio – di Mamma Michela

Gli Occhi di mio Figlio

di Mamma Michela

Luca a tre anni cantava “ Fratelli d’Italia” e soffiava dentro la sua trombetta divertendo tutti i coinquilini.

Luca a scuola era sempre attento, interagiva, partecipava a tutte le gite, a tutte le feste; era timido, ma sempre pronto a dire una parola in soccorso dei compagni che magari in quel momento avevano subito un torto.

La scuola elementare…… sempre solo elogi ai colloqui con gli insegnanti; a volte mi sentivo persino in imbarazzo….

Luca umile, Luca generoso, Luca sensibile, forse anche troppo.

Poi è arrivata la passione per lo Judo. Gli allenamenti, le gare, le medaglie, gli abbracci del maestro Danilo, che per Luca valevano più di qualsiasi trofeo.

Lo Judo.. Negli occhi di mio figlio il podio delle Olimpiadi: un sogno, certo, ma che soddisfazione vedere i suoi occhi che brillavano dopo ogni gara!

LA NOTTE ALL’IMPROVVISO: la notte di notte e la notte di giorno.

Non più sogni, solo incubi, ad occhi chiusi e ad occhi aperti: ALLUCINAZIONI. Narcolessia e una forte cataplessia.

Non voglio descrivere i sintomi, vorrei far parlare il cuore, ma non è facile, perché il mio cuore non è ancora pronto per dettarmi le parole giuste.

GUADAVO GLI OCCHI DI MIO FIGLIO e sapevo cosa sognava, cosa lo divertiva e quando passavano nuvole tristi.

Adesso i suoi occhi sono sfuggenti e a volte sono io che cerco di non guardare il suo sguardo deluso.

La narcolessia toglie i sogni…. eh sì!

I sogni ad occhi chiusi e quelli ad occhi aperti, Lei li tramuta in incubi.

UN FARMACO, grazie a Dio, grazie ai medici: Luca può dormire di notte, riposare, non ha più le allucinazioni, GRAZIE!

In questo sonno “provocato” c’è posto per i sogni belli, quelli dei bimbi e dei ragazzi? Luca non sogna o non ricorda? Chissà!

Come vorrei potermi immergere nel suo sonno solo per una notte, per sentire, per provare a capire, ma non posso.

Buonanotte Luca, ti voglio bene”, mi stringe forte …..

“Ti voglio bene anch’io, mamma, te ne voglio tanto, buonanotte, a domani”.

DOMANI… Nell’abbraccio di ogni sera sento la paura, la speranza, un miscuglio di sensazioni, un’empatia che condivido in silenzio.

In silenzio, come arriva Lei, la narcolessia.

In silenzio, come Lei vuole, tu annienti le emozioni e la cataplessia.

Negli occhi di mio figlio voglio rivedere la gioia delle emozioni, la speranza di poter vivere i suoi sogni, di poter sognare ancora.

I sogni per il futuro, quelli quando potranno realizzarsi?

VORREI URLARE per Luca, per me, per tutti i ragazzi e le famiglie che vivono con Lei, quest’ombra che ti avvolge e ti sconvolge la vita.

DOBBIAMO GRIDARE tutti assieme, ma gridare forte, perché ci dicono sempre che siamo pochi, allora urliamo più forte:

“noi ci siamo” non riuscite a vederci, non volete sentirci, URLEREMO ancora più forte, per dirvi che abbiamo diritto alla SPERANZA e la pretendiamo. La speranza si chiama RICERCA!

Voglio vedere negli occhi di mio figlio la gioia di ridere senza la paura di cadere.

Mamma Michela

NB. Avevo letto due frasi che ho stampato nell’anima, le dedico a tutti noi.

“A volte lo sguardo si trasforma in emozione.

Istanti unici, conservati da chi sa osservare,

diventano emozioni condivise”.

“Aveva gli occhi di chi ne ha passate tante 

e il sorriso di chi le ha superate tutte”.

 

L’Orgoglio di una Madre – di Mamma Anna

L’Orgoglio di una Madre

di Mamma Anna

Mi chiamo Anna e sono la mamma di Sara che come molti di voi ha la Narcolessia.

A dire il vero non saprei quando è iniziato tutto, sia io che mio marito abbiamo sempre visto Sara come una pigra, fin da bambina quando a 5/6 anni i bambini camminano, lei voleva stare sul seggiolino e dormiva sempre.  Avendo vissuto questa situazione da sempre, noi genitori ci siamo “abituati all’idea che fosse una pigrona viziata e capricciosa e confesso che ancora adesso un po ci sentiamo in colpa.

Mio marito ha sempre fatto di tutto per farla uscire con gli amici a divertirsi ma lei se ne stava sempre chiusa li, in quella camera 4×4 a scrivere, disegnare o suonare. Proprio al riguardo noi vedevamo qualcosa di strano in Sara, nel senso che da genitore qualche domanda te la poni: c’è qualcosa che non va?

La domanda ti viene spontanea. Com’è possibile che vada bene in Italiano, Storia, Geografia e dorma durante le ore di educazione fisica, matematica, religione e scienze? Lo fa di proposito? Gli insegnanti ci dicevano di metterla a letto prima, che era una ragazza molto sensibile ma molto distratta. Quando poi andavamo a prenderla a scuola entrava in macchina alle 13:00 ed alle 13:02 era già nel mondo dei sogni. Arrivati a casa si pranzava insieme e senza troppi complimenti appena finiva andava dritta a letto. Ovviamente in casa non ha mai aiutato e nemmeno mai si è proposta di farlo. Ma tutto questo era la parte “leggera”. La parte pesante veniva con la notte. Spesso si svegliava e aveva delle visioni spaventose che confesso a volte mi mettevano a disagio. Sapete, vivere in casa con una persona che sente e vede i demoni che la vogliono portare via in piena notte e vive l’esperienza come fosse reale non è una cosa da poco e un po di paura te la mette. Vi lascio immaginare in che condizioni fossimo la mattina dopo io e mio marito. So che può sembrare ridicolo ma per questo motivo abbiamo cambiato tre case nei primi 7 anni di vita di Sara.

Con l’età speravamo migliorasse invece con la pubertà è arrivato il caos in casa nostra. Tutto si poteva dire ma non che ci fosse serenità. Lei rispondeva sempre male, non parlava più con noi, e nel periodo in cui tutti hanno mille amicizie, escono, vogliono il motorino, lei era sempre li, a scrivere, leggere libri e ascoltare musica in camera sua.

Dopo qualche tempo mio marito aveva intuito ci fosse qualcosa infatti ricordo esattamente le sue parole: “Sara non è come le altre ragazze, lei è diversa e a quanto pare lei lo ha capito, forse dovremmo capirlo anche noi e cambiare approccio”. Col senno di poi io ammetto che avesse ragione ma in quel momento coi professori delle medie che mi dicevano che dormiva in classe, con lei che si dedicava ai libri e non alla scuola, che non aiutava in casa, e non parlava con noi, non volevo trovare alcuna giustificazione al suo comportamento.

Finite le medie sono iniziate le superiori e Sara ha scelto di sua iniziativa di fare il Liceo Classico. Non so che cosa l’avesse spinta a scegliere quell’indirizzo ma a quanto pare aveva le idee chiare sul suo percorso per cui noi genitori come sempre abbiamo supportato la sua decisione. Ma i problemi sono iniziati subito. Sara non riusciva a stare sveglia. Si addormentava alla fermata del bus, o persino nell’autobus e invece che arrivare a scuola o tornare a casa, dovevo andare a prenderla in giro per la città o al deposito degli autobus. Un disastro per il mio lavoro, che per forza di cose ho dovuto chiedere di ridurre a part time. Nel frattempo Sara nonostante avesse finalmente qualche amica, era ingrassata tantissimo. Inizialmente eravamo felici di vederla un po in carne perchè da piccola era magrissima ma dopo un po era molto in sovrappeso e si vedeva chiaramente come la cosa influisse nei suoi rapporti sociali.

Dopo diverse visite con un diversi specialisti è emerso che aveva la glicemia alta e doveva calare di peso. I medici dicevano che la sonnolenza probabilmente era dovuta al peso che comprimeva i polmoni e le causava apnee durante il sonno. E così abbiamo cercato di metterla a dieta senza ottenere risultati.

Tra l’altro in questo periodo abbiamo visto che non rideva mai, era come apatica. Una sera dopo cena, io e mio marito eravamo seduti sul divano mentre lei era per terra con le gambe sotto al tavolino. Stavamo guardando Mister Bean (si scrive così?) e stavamo ridendo tutti finchè lei ha avuto un cedimento di punto in bianco e ha sbattuto i denti contro il tavolino fortunatamente senza romperseli.

Quell’episodio ci ha spaventati molto, anche perchè se ne sono verificati altri, molto meno intensi, ma si vedeva quando era arrabbiata che i muscoli del viso sembravano cedere fino a renderle difficoltoso esprimersi. Essendo totalmente incompetenti in ambito medico le abbiamo fatto fare diverse visite e alcune risonanze magnetiche ma non è risultato mai nulla di anomalo. Siamo stati insieme diverse volte anche da uno psicologo che ha aiutato a ristabilire la comunicazione in casa ma non ha saputo aiutarci con la sonnolenza, le visioni e i cedimenti emotivi.

Ancora una volta di sera, in un giorno come tanti davanti alla TV, tra mille pubblicità insignificanti è passato lo spot dell’AIN con Lupo Alberto. Io sono scoppiata subito a ridere e ho detto: “Sara ma quella sei tu!” Sara come al solito ha avuto un cedimento sul divano. Ma mio marito mi ha guardato finchè ridevo dicendo: “scusa ma se fosse davvero Narcolessia?”. Io forse per rassegnazione mi ero messa in testa che tutta la sonnolenza di Sara fosse dovuta al sovrappeso per cui ho ignorato la cosa e tutt’ora ringrazio Dio di avere un marito così testone. Infatti il giorno dopo, a mia totale insaputa, mio marito si è messo in contatto con il dott. Ceretelli e ha prenotato una visita per Sara all’ospedale di Bologna.

Alla prima visita io ero tentata di intervenire ma per la prima volta ho visto Sara parlare dei suoi sintomi e dall’altra parte il dott.Plazzi pareva leggerle nel pensiero, le faceva domande sui sintomi che aveva e pareva conoscere Sara alla perfezione.

Ci hanno dato appuntamento una settimana dopo. Gli esami sarebbero duranti 3 giorni nei quali sara ha chiesto espressamente di stare da sola. Ovviamente io e mio marito abbiamo preso un hotel in zona in caso avesse avuto bisogno. Alla fine di tutto il dott.Plazzi ci ha detto che era senza dubbio Narcolessia con Cataplessia. E che è una malattia dalla quale non si guarisce. Ci ha spiegato tutto dei sintomi e in un mix tra disperazione e ansia abbiamo iniziato a vederci chiaro. Sara aveva 18 anni quando è stata diagnosticata e da allora sono passati 9 anni.

In questo periodo Sara ha trovato una terapia farmacologica che le permette di dormire la notte, è dimagrita molto ed è stupenda ora, è molto più attiva, molto più solare, ha appena finito l’Università e convive col suo ragazzo da 3 anni.

La prossima battaglia sarà trovare lavoro, le piacerebbe insegnare e con la sua forza di volontà, dopo aver imparato ad affrontare la malattia a testa alta, sono sicuro ce la farà. Posso solo dire che come genitori siamo orgogliosi di lei. E dobbiamo ringraziare l’associazione per averci messo in contatto col dott.Plazzi e per aver organizzato tutti gli incontri con gli altri ragazzi narcolettici e coi genitori che ci hanno dato più fiducia nel futuro e fatto capire che Narcolessia è solo il nome dato ai sintomi che Sara ha da tutta la vita, e solo sapendo chi è il tuo nemico puoi affrontarlo.