Oggi è la GIORNATA MONDIALE DEL SONNO.
C’era bisogno di una giornata mondiale del sonno?

Oggi più che mai la nostra società sembra aver scordato l’importanza di questa funzione vitale. Siamo così presi dal lavoro, così dipendenti dalla tecnologia, così abituati a rimandare il riposo per fare sempre di più, da non renderci conto del fatto che la nostra salute peggiora anche a causa di una scarsa igiene del sonno.

Quindi certo che si. C’è bisogno di ricordare a tutti, dai medici ai politici, dagli impiegati agli operai che un buon sonno è importantissimo.

Ma perché dormiamo?
Il sonno è una funzione vitale indispensabile per il nostro corpo: un sano riposo ci permette di recuperare energie, regola positivamente il nostro umore, la reattività, la concentrazione, l’apprendimento e la nostra memoria.
Una scarsa igiene del sonno può invece causare pesanti conseguenze sulla nostra salute psicofisica e portare disturbi come depressione, eccesso d’ansia, sbalzi d’umore, obesità, scarso appetito sessuale… ma può portare anche problemi cardiovascolari, ipertensione arteriosa e quindi può davvero farci rischiare la vita.
Molti di voi certamente lo sanno già ma è importante ricordare che non abbiamo certo l’esclusiva su questa funzione primaria: il metabolismo di tutti gli esseri viventi che popolano il nostro pianeta è indissolubilmente legato al ciclo notte/giorno.
Piante, animali ed esseri umani sono tutti strettamente dipendenti dal sonno sin dall’alba dei tempi.

Il sonno nell’uomo dell’antichità era ben diverso da oggi. Alcuni storici hanno riscontrato numerose testimonianze sul modo di dormire prima della rivoluzione industriale: mediamente si parlava di 12 ore nelle quali c’era un primo riposo di 3-4 ore seguito da una veglia di 3-4 ore circa per poi proseguire fino al mattino con altre 4-5 ore di sonno. I riferimenti su quest’abitudine sono presenti dalle tribù africane fino alle popolazioni dell’Europa del nord per cui quello che oggi intendiamo come sonno notturno è un’abitudine recente, che ha solo 200 anni pertanto potrebbe anche spiegare alcuni disturbi del sonno.
Il sonno non è variato solo nel corso dei secoli, ma varia anche a seconda dell’età. Sappiamo per certo che un neonato ha bisogno di 14-17 ore di sonno al giorno, mentre per un ultrasessantenne bastano 7 ore: questo perché il sonno non solo permette il riposo ma è uno degli attori principali nello sviluppo del cervello.

Oggi però la società rifiuta il bisogno di dormire come se fosse per “deboli”, senza portare rispetto per il sonno.
Facciamo lavori a turni, alternando la notte e il giorno senza regolarità, non curiamo episodi di insonnia, ipersonnia, apnee ostruttive o narcolessia perché non conosciamo il problema e talvolta nemmeno il nostro medico né è al corrente.
E la concezione del riposo stessa è negativa. Provate oggi a chiedere una pausa al lavoro di un quarto d’ora per schiacciare un pisolino. Seppur un riposino abbia solo effetti benefici, sarete visti come pigri, svogliati, annoiati, inaffidabili. Ma la pausa sigaretta con caffè, seppur nociva è comunemente accettata.

Perché questa situazione?
Perché c’è molta ignoranza sul sonno. E come possiamo combattere l’ignoranza?
L’AIN fin dalla sua fondazione ha contribuito nell’informazione con diverse campagne sulla Narcolessia, come quella con Lupo Alberto e la più recente “Punto di Vista“.
Recentemente abbiamo realizzato le RedFlags, condivise coi principali gruppi medici che possono per primi incontrare un narcolettico (quindi neurologi, neuropsichiatri infantili, psichiatri, psicologi, medici di medicina generale, pediatri…)
Siamo stati anche alla Camera dei Deuputati per presentare anche alla classe politica le Red Flags sottolineando l’importanza che queste vengano diffuse capillarmente per una diagnosi rapida.
Abbiamo realizzato con l’Istituto Superiore di Sanità e l’AIMS il Registro Nazionale della Narcolessia e le Ipersonnie.

Ma c’è ancora molta strada da fare… L’ipersonnia idiopatica non ha ancora l’attenzione che merita, e per tutti i pazienti con un disturbo del sonno lo stigma sociale è ancora molto presente perchè la cognizione comune del sonno è ancora molto negativa.
L’unica arma è la cultura. Serve educazione scolastica dalla scuola elementare fino all’istruzione universitaria, ma anche molta informazione sui datori di lavoro per portare rapidamente ad una concezione reale di ciò che il sonno rappresenta per tutti gli esseri viventi: una funzione vitale.