A partire dal 06/09/21 e sino al 12/09/21 inizia la settimana mondiale dell’Ipersonnia Idiopatica.
Durante questi 7 giorni affronteremo insieme vari temi relativi a questo particolare Disturbo del Sonno.
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Cos’è questa malattia dal nome così “strano”?
Prima di tutto bisogna sapere che NON E’ NARCOLESSIA!
La famiglia è la stessa, ovvero i disturbi del sonno. E lo specialista che se ne occupa è sempre il neurologo, quindi NON E’ UN PROBLEMA PSICOLOGICO.
Il nome del disturbo è composto da due parole: IPERSONNIA IDIOPATICA.
Il primo termine è molto semplice:” #IPERSONNIA”.
Infatti il primo sintomo da prendere in considerazione nella diagnosi è un eccesso di sonno profondo che a differenza della Narcolessia, è un sonno con fasi non alterate. Tuttavia, spesso l’ipersonne ha necessità di dormire molte più ore del normale (ad esempio 14 ore consecutive).
Eventuali riposini durante la giornata sono spesso lunghi e non ristoratori.
Al risveglio spesso persiste (talvolta anche fino ad oltre un’ora) una sensazione di confusione che viene definita “UBRIACHEZZA DA SONNO”. Lo stato confusionale può portare oltre a momentanei marcati disturbi cognitivi, anche molto nervosismo.
Veniamo poi alla seconda parola: “#IDIOPATICA”.
Questo termine indica non solo la mancanza di correlazione con altri disturbi che possano giustificare questo eccesso di sonno. Ma anche la mancanza di una causa evidente dei sintomi.
La ricerca su questo disturbo era ferma fino a qualche anno fa, ma negli ultimi anni ha fatto grossi passi avanti in quanto gli esperti si sono resi conto di come spesso in passato fosse accomunata alla Narcolessia, pur essendo molto diversa.
In Italia non si sa, nè esistono stime realistiche dell’incidenza di questa malattia. Questo per farvi capire anche quanto ancora sia poco conosciuta.
Nel nostro paese chi soffre di questo disturbo è spesso accusato di essere ipocondriaco, di fingere, di essere pigro, di avere un problema psicologico.
L’ipersonnia Idiopatica ha in comune una cosa con la Narcolessia: è meglio non dormirci su!
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Distinguere una NT1 da una IH (Ipersonnia Idiopatica) è molto semplice, talvolta anche ad occhio nudo in quanto i pazienti affetti da NT1 riportano tra i sintomi anche la cataplessia.
È invece più difficile distinguere una IH da una NT2 (narcolessia di tipo 2) perché serve una attenta analisi del sonno e della qualità del riposo, che nella Narcolessia risulta sempre disturbato con una forte propensione ad rapidissimo e frequente ingresso in sonno REM, mentre per la persona ipersonne, seppur il sonno sia qualitativamente ottimo, per ragioni in corso di studio è necessaria una elevata quantità di ore consecutive di sonno; Nonostante ciò purtroppo spesso non bastano nemmeno 12/13 ore di sonno giornaliero per permettere agli Ipersonni di vivere una vita energica e di qualità.
Nella tabella presente in questo post potete vedere nel dettaglio le differenze tenendo sempre presente che alcuni sintomi come le paralisi e le allucinazioni seppur non inserite tra i sintomi classici dell’ipersonnia idiopatica possono essere normalmente presenti in determinati casi.
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La diagnosi dell’Ipersonnia Idiopatica non è facile ed è ulteriormente complicata dal fatto che il meccanismo che porta all’esordio dei primi sintomi risulta ancora sconosciuto.
Mancando la possibilità di rilevarla allo stadio iniziale, spesso i pazienti vengono diagnosticati dopo anni di convivenza con i sintomi.
Il ritardo diagnostico e/o l’errata diagnosi sono di fatto scenari comuni nei pazienti, peggiorati ulteriormente dal fatto che spesso analisi oggettive (anche specifiche) come la polisonnografia non rilevano particolari anomalie, quindi un medico non correttamente informato potrebbe non riscontrare nessun disturbo. Questo fatto comporta un impatto fortemente negativo sulla vita sociale, lavorativa e familiare di tutti i pazienti.
La diagnosi viene effettuata per esclusione, ovvero, rilevati i sintomi di una ipersonnia si devono prima escludere tutte le possibili cause legate ad altre patologie. Al momento le linee guida prevedono una polisonnografia continua di almeno 24 ore, un test delle latenze multiple (MSLT), almeno 4 test del mantenimento della veglia (MWT) ed è caldamente consigliato un esame del liquido cerebrospinale sia per le analisi dell’Orexina/Ipocretina per escludere Narcolessia, sia perchè gli esperti ritengono che una delle cause da analizzare per l’Ipersonnia Idiopatica potrebbe essere qualche anomalia dei recettori GABA.
Tipicamente la latenza del sonno degli ipersonni risulta ridotta, le fasi di sonno a onde lunghe durano molto più del normale e apparentemente si evince un sonno di ottima qualità sia nel sonno notturno (che talvolta può durare anche più di 10 ore) sia nel sonno diurno ma i riposini non ristoratori.
Di anno in anno si sta accendendo sempre più l’interesse degli esperti su questa patologia spesso sottovalutata. Il prossimo futuro potrebbe portarci importanti novità sia in ambito diagnostico, sia per il trattamento.
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Al momento, in Italia non esiste nessun farmaco specifico per il trattamento dell’Ipersonnia Idiopatica e gli unici trattamenti possibili sono sui sintomi, per i quali vengono utilizzati gli stessi stimolanti previsti nella NT2 (Narcolessia senza cataplessia) atti a migliorare la qualità della veglia e a ridurre l’eccessiva sonnolenza diurna.
I farmaci più diffusi sono il Modafinil e il Pitolisant.
Presto sarà disponibile anche il Solriamfetolo.
Negli Stati Uniti recentemente è stato effettuato uno studio che ha comprovato l’efficacia dell’uso del Sodio Ossibato per il trattamento dei sintomi dell’ipersonnia idiopatica con apparentemente buoni risultati, simili a quelli ottenuti nel trattamento della narcolessia. Lo stesso studio è al momento in corso anche in Francia quindi verosimilmente possiamo aspettarci che nel corso di al massimo un paio d’anni potrebbe essere diffuso anche in Italia.
Purtroppo accade spesso che i trattamenti farmacologici, anche combinati, non siano in grado di rendere la vita qualitativamente accettabile quindi si rende indispensabile intraprendere un percorso di tipo psicologico e comportamentale.
La prima parte consiste nell’accettazione della malattia e nell’intraprendere un percorso di convivenza. Uno stile di vita regolare e ripetitivo, con alimentazione sana ed equilibrata, riduzione/eliminazione di alcolici, l’introduzione di una minima attività sportiva possono avere importanti effetti benefici. Questo avviene perchè si innesca un circolo virtuoso che porta a una maggiore socialità e contestualmente una riduzione dei sintomi depressivi, di stress e frustrazione correlati alla malattia.
Amici e familiari possono davvero fare la differenza supportando le persone con ipersonnia, ma una grossa mano può darla anche la partecipazione agli eventi delle associazioni dei pazienti che permettono di conoscere propri “simili” e condividere esperienze, riducendo lo stigma e sentendosi meno soli e diversi.
La speranza dei pazienti è nella ricerca, in quanto attualmente, non manca solo una soluzione ma anche la causa di questo disturbo.
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