Fabio Cecchinato, vivere con l’Ipersonnia Idiopatica

Vi voglio raccontare due aneddoti che mi sono capitati in prima persona. Ero con un’amica (Sara) ancora credo tre anni fa mentre le spiegavo dei miei crolli di energia e di una vita sempre più corta, anche in termini di ore della giornata, e ricordo le sue parole :” Ma non è che tu non hai energie, tu le impieghi troppo velocemente, ti credo che poi rimani a secco”.

Le sue parole rimasero fissate nella mia mente, quantomeno perché a tutto sarei disposto pur di “allungare”la mia giornata e di poter dedicare tempo, attenzioni, alle persone a me care e anche per uscire per una cena o un breve dopo cena. Purtroppo però non ho fatto che peggiorare negli anni.

Nell’agosto del 2013 ero a Rimini e ne ho approfittato per salutare nel giorno del mio compleanno il mio amico Massimiliano , con cui ho collaborato da giovane per alcune installazioni di informatica , e sua moglie Laura .

Anche a lei ho raccontato le mie vicissitudini non solo mediche ma prima ancora di vita . E lei mi disse : “Ma come, se hai l’argento vivo addosso !”. In effetti, chi mi sente parlare, quando sto bene, mi sente gioviale, sorridente , pronto alla battuta, ma sempre di più (e con un accelerazione terribile dal 2010) vengo preso da una stanchezza ed un sonno patologico.

Solo pochi giorni fa , ovvero ottobre 2017, ho scoperto che una delle caratteristiche dell’ipersonnia idiopatica, una delle due condizioni neurologiche che vivo e che mi è stata diagnosticata con un ricovero ad ottobre 2016 presso l’IRCCS “Bellaria” di Bologna, è la “motor hyperactivity”, ovvero una tendenza spontanea a muoversi, non stare mai fermi e parlare in modo quasi “affannato” per contrastare la tendenza alla sonnolenza.

Ad una persona normale può sembrare paradossale (e anzi, per le persone sane – e maliziose, è facile pensare che si finga o menta, ma le diagnosi vanno accettate e non discusse, a meno che non si sia medici specialisti del settore!) che possano convivere in una persona una spiccata “energia” e momenti sempre più frequenti di letargia, sonnolenza che ti allontanano dalla vita (fatta di persone, eventi, lavoro, ed affetti). Eppure, alla fine, tutto torna.

Racconto di Francesco, lavoratore, padre e nonno narcolettico

Ciao a tutti Mi chiamo Francesco, sono un giovane nonno di 68 anni che ha fatto una vita a convivere con la narcolessia.
Solo che ne sono stato allo scuro per la maggior parte del tempo.
Erano anni di semplicità quelli nei quali sono nato e cresciuto. Era l’epoca della campagna, e per i ragazzini della bassa pavese, dopo la scuola (elementare) si lavorava già. Tanti di noi avevano i campi e lavoravano con i genitori.
Io ed i miei 4 fratelli siamo sempre stati molto uniti e abbiamo sempre lavorato molto aiutando nostro padre.
Il trattore era la nostra macchina e ci dava quasi un senso di libertà guidarlo.
Io ero il più giovane, ma ciò nonostante sapevo fare la mia parte. Sono sempre stato un “toretto” mi dicevano. Non mi fermavo mai.
Dall’età di 15 anni ho iniziato a lavorare a pieno ritmo. La giornata lavorativa era abbastanza semplice. Ci si alzava alle 5 la mattina, si faceva una abbondante colazione, si andava a lavorare i campi, poi alle 10 si faceva un bello spuntino, con pane e affettato, rigorosamente fatti in casa o scambiati coi nostri parenti che avevano l’allevamento, poi di nuovo al lavoro. Il pranzo era alle 12 in punto e mia madre si arrabbiava se qualcuno ritardava. Dopo la preghiera, si mangiava primo, secondo, e caffè, che ovviamente mia madre preparava con tantissimo amore. Dopo avevamo una una mezz’oretta di riposo per poi tornare al lavoro fino alle 16. Si lavorava fino alle 18 salvo l’interruzione per una merendina pomeridiana.
La sera finalmente avevamo la libertà di uscire e io usavo la graziella di mia madre per ritrovarmi con gli amici all’oratorio.
Era una vita semplice, piacevole anche se dura.
Ai miei tempi non si stava a casa per un raffreddore, non ci si poteva permettere di mancare. Se si aveva la febbre spesso veniva il medico a casa a vedere come stavi. Se era qualcosa di leggero ti davano una pastiglietta seguita dalla vera “medicina” ovvero il miele. E’ stato proprio dopo una febbre, verso i 18 anni che ricordo di aver iniziato ad avere i sintomi della narcolessia.
La prima cosa che notavo erano i cedimenti muscolari della faccia. Il medico diceva che facevo fatica ad alzarmi perchè la febbre mi aveva debilitato molto, di prendere zuccheri, mangiare e bere molta acqua.
All’epoca i miei fratelli erano già sposati e via di casa, io ero l’ultimo e lo sono rimasto per molto perchè mia moglie l’ho conosciuta a 25 anni. Dopo la febbre mi rendevo conto di avere molta stanchezza addosso, avevo sempre mal di testa la sera, e quando mi facevano ridere avevo questi cedimenti delle braccia e del volto. Non capivo cosa fosse ma mi sentivo a disagio. Per gli altri ero solo tanto emotivo, infatti avevo un po questa fama. Pigro e emotivo.
Ma mia moglie ci ha sempre visto lungo. Lei non ha mai visto la mia sonnolenza come normale. 
Ma all’epoca non aveva alcun senso presentarsi in ospedale dicendo che hai tanto sonno.
Così abbiamo avuto due figli, due creature meravigliose che mi hanno amato più di quanto meritassi. Io ho sempre fatto il mio lavoro nei campi e in certe situazioni era diventato un rifugio perchè non ero capace di stare coi miei bambini. Avevo delle emozioni così forti che temevo di farli cadere se li avevo in braccio o di cadergli addosso io se ero con loro.
Li ho visti crescere da lontano con mia moglie che ha sempre fatto di tutto per metterci vicini. E’ strano che loro mi abbiano sempre amato nonostante la mia assenza ma non cerco scuse, io avevo paura di fare loro del male fisico lasciandoli o cadendo su di loro.
La situazione non era bella perchè anche sul lavoro rendevo male. Ma ho continuato nella mia testardaggine, ignorando le migliaia di volte che mia moglie mi pregava di farmi visitare.
Raggiunti i cinquant’anni, coi figli ormai grandi, ho deciso di fare una visita con un primario di cui evito di fare il nome per correttezza.
Questo primario senza analisi mi ha diagnosticato un Alzheimer. Ebbene si questa stanchezza cronica, questi cedimenti erano sicuramente per l’Alzheimer. Precoce ma per lui non vi erano dubbi.
Così tornai a casa distrutto, ma mia moglie era incazzata. Diceva che non era vero e che si sbagliava. Lei l’Alzheimer lo aveva vissuto in casa con il padre, per cui sicuramente aveva una certa esperienza ma nella mia testa pensavo, “non si può certo sbagliare il dottore che ha studiato!”.
Così passarono gli anni in attesa del mio degenero psicofisico ma nulla. A mia moglie spesso chiedevano che farmaci prendessi.
Ero rimasto sempre il solito, un po pigro, un po svogliato, e molto emotivo.
Nella mia testa pensavo che se anche gli altri con l’Alzheimer avessero continuato a lavorare forse sarebbero stati meglio pure loro.
Ma il tempo passava e non c’erano peggioramenti. 
Nel 2005 a 60 anni sono andato in pensione. Non sapevo che fare, e mia moglie insisteva di andare in giro, viaggiare ma io non avevo mai voglia di far nulla. Dormivo continuamente anche davanti alla tv, persino al bar con gli amici.
Per puro caso quell’anno mia moglie vide lo spot del lupo narcolettico in tv.
Dopo aver parlato con il presidente siamo stati al centro del sonno. Qui dei dottori di cui sinceramente non mi fidavo molto, con poche domande hanno fatto la diagnosi. Per loro era narcolessia. Ma per sicurezza hanno voluto tenermi nell’ospedale e mi hanno attaccato tra quei pochi capelli che mi restano, degli elettrodi per vedere come dormo. A me questa cosa sembrava ridicola.
Ma mia moglie era quasi contenta, come se sapesse che ha trovato la cosa giusta.
Dopo 3 giorni di studi mi hanno confermato la diagnosi di narcolessia.
Confesso di essere tornato a casa scocciato. Pensavo che fosse una cavolata, come poteva essere una malattia il fatto che fossi stanco e molto emotivo? Cioè i sintomi erano davanti gli occhi di tutti e nessuno aveva mai notato la cosa come fosse strana?
Eppure dopo i primi mesi in terapia mi sentivo un’altro.
Col passare del tempo, con l’aggiustamento della terapia le cose sono persino migliorate.
Oggi porto mia moglie ogni weekend a fare passeggiate in montagna, abbiamo fatto delle belle crociere, viviamo una vita intensa nonostante l’età. E poi la vita mi ha dato una seconda possibilità di dare amore non solo ai miei figli ma anche a degli splendidi nipotini. Fare il nonno ormai è diventato il mio lavoro ed è stupendo. Tutto questo lo devo alla perseveranza di mia moglie. E devo ringraziare l’associazione e i medici che studiano la narcolessia perchè anche grazie a loro ho iniziato a vivere dopo i 60 anni.
Non perdete mai la speranza, perchè se ce l’ho fatta io, potete farcela anche voi!.

Una malattia in due – di Erika

Condividere la stessa malattia in due

di Erika

Vivere la mia malattia insieme ad un’altra persona mi fa capire tanto.

Capisco innanzitutto cosa significa vivere con un malato e il peso che vi porta.

Capisco cosa significa non dormire la notte a causa dei suoi mormorii, i gemiti di dolore, le apnee, allucinazioni o sogni lucidi, borbottii, la casualità delle parole dette nel buio, le paralisi.

Capisco cosa significa fermarsi perchè il malato deve dormire, e accettare il suo silenzio e la sua rabbia se non può assecondarne il sonno. Per me, che sono diventata la mia malattia, non è semplice, ma lo capisco perchè Massimo fa esattamente le stesse cose che faccio io.

Ma ora capisco i miei genitori, e capisco cosa vuol dire amare una persona vedendola soffrire, e odiare la sua sofferenza perchè toglie il sonno anche a te che gli stai vicino.

Capisco le notti insonni di mia madre ad asciugarmi la schiena bagnata e parlarmi seguendo il filo insensato delle mie allucinazioni, a tentare di convincermi che devo dormire che “non è reale amore, non è niente, ci sono io con te ora, chiudi gli occhi, non avere paura”.

Questa malattia, che porterebbe chi ci sta intorno alla disperazione nel caso in cui non prendessimo farmaci, ti da una vaga idea di cosa significa amare qualcuno. E in ogni caso la gratificazione più grande è avere coscienza del fatto che sono proprio io ad avere avuto l’onore di essere stata scelta. Io che non avevo la forza di mettere un piede davanti all’altro mi ritrovo ora a centinaia di km da casa, alle 3:30 del mattino, di fianco a chi mi rende qualche notte un inferno e la vita un paradiso.

Sono incredibilmente felice.

L’Orgoglio di una Madre – di Mamma Anna

L’Orgoglio di una Madre

di Mamma Anna

Mi chiamo Anna e sono la mamma di Sara che come molti di voi ha la Narcolessia.

A dire il vero non saprei quando è iniziato tutto, sia io che mio marito abbiamo sempre visto Sara come una pigra, fin da bambina quando a 5/6 anni i bambini camminano, lei voleva stare sul seggiolino e dormiva sempre.  Avendo vissuto questa situazione da sempre, noi genitori ci siamo “abituati all’idea che fosse una pigrona viziata e capricciosa e confesso che ancora adesso un po ci sentiamo in colpa.

Mio marito ha sempre fatto di tutto per farla uscire con gli amici a divertirsi ma lei se ne stava sempre chiusa li, in quella camera 4×4 a scrivere, disegnare o suonare. Proprio al riguardo noi vedevamo qualcosa di strano in Sara, nel senso che da genitore qualche domanda te la poni: c’è qualcosa che non va?

La domanda ti viene spontanea. Com’è possibile che vada bene in Italiano, Storia, Geografia e dorma durante le ore di educazione fisica, matematica, religione e scienze? Lo fa di proposito? Gli insegnanti ci dicevano di metterla a letto prima, che era una ragazza molto sensibile ma molto distratta. Quando poi andavamo a prenderla a scuola entrava in macchina alle 13:00 ed alle 13:02 era già nel mondo dei sogni. Arrivati a casa si pranzava insieme e senza troppi complimenti appena finiva andava dritta a letto. Ovviamente in casa non ha mai aiutato e nemmeno mai si è proposta di farlo. Ma tutto questo era la parte “leggera”. La parte pesante veniva con la notte. Spesso si svegliava e aveva delle visioni spaventose che confesso a volte mi mettevano a disagio. Sapete, vivere in casa con una persona che sente e vede i demoni che la vogliono portare via in piena notte e vive l’esperienza come fosse reale non è una cosa da poco e un po di paura te la mette. Vi lascio immaginare in che condizioni fossimo la mattina dopo io e mio marito. So che può sembrare ridicolo ma per questo motivo abbiamo cambiato tre case nei primi 7 anni di vita di Sara.

Con l’età speravamo migliorasse invece con la pubertà è arrivato il caos in casa nostra. Tutto si poteva dire ma non che ci fosse serenità. Lei rispondeva sempre male, non parlava più con noi, e nel periodo in cui tutti hanno mille amicizie, escono, vogliono il motorino, lei era sempre li, a scrivere, leggere libri e ascoltare musica in camera sua.

Dopo qualche tempo mio marito aveva intuito ci fosse qualcosa infatti ricordo esattamente le sue parole: “Sara non è come le altre ragazze, lei è diversa e a quanto pare lei lo ha capito, forse dovremmo capirlo anche noi e cambiare approccio”. Col senno di poi io ammetto che avesse ragione ma in quel momento coi professori delle medie che mi dicevano che dormiva in classe, con lei che si dedicava ai libri e non alla scuola, che non aiutava in casa, e non parlava con noi, non volevo trovare alcuna giustificazione al suo comportamento.

Finite le medie sono iniziate le superiori e Sara ha scelto di sua iniziativa di fare il Liceo Classico. Non so che cosa l’avesse spinta a scegliere quell’indirizzo ma a quanto pare aveva le idee chiare sul suo percorso per cui noi genitori come sempre abbiamo supportato la sua decisione. Ma i problemi sono iniziati subito. Sara non riusciva a stare sveglia. Si addormentava alla fermata del bus, o persino nell’autobus e invece che arrivare a scuola o tornare a casa, dovevo andare a prenderla in giro per la città o al deposito degli autobus. Un disastro per il mio lavoro, che per forza di cose ho dovuto chiedere di ridurre a part time. Nel frattempo Sara nonostante avesse finalmente qualche amica, era ingrassata tantissimo. Inizialmente eravamo felici di vederla un po in carne perchè da piccola era magrissima ma dopo un po era molto in sovrappeso e si vedeva chiaramente come la cosa influisse nei suoi rapporti sociali.

Dopo diverse visite con un diversi specialisti è emerso che aveva la glicemia alta e doveva calare di peso. I medici dicevano che la sonnolenza probabilmente era dovuta al peso che comprimeva i polmoni e le causava apnee durante il sonno. E così abbiamo cercato di metterla a dieta senza ottenere risultati.

Tra l’altro in questo periodo abbiamo visto che non rideva mai, era come apatica. Una sera dopo cena, io e mio marito eravamo seduti sul divano mentre lei era per terra con le gambe sotto al tavolino. Stavamo guardando Mister Bean (si scrive così?) e stavamo ridendo tutti finchè lei ha avuto un cedimento di punto in bianco e ha sbattuto i denti contro il tavolino fortunatamente senza romperseli.

Quell’episodio ci ha spaventati molto, anche perchè se ne sono verificati altri, molto meno intensi, ma si vedeva quando era arrabbiata che i muscoli del viso sembravano cedere fino a renderle difficoltoso esprimersi. Essendo totalmente incompetenti in ambito medico le abbiamo fatto fare diverse visite e alcune risonanze magnetiche ma non è risultato mai nulla di anomalo. Siamo stati insieme diverse volte anche da uno psicologo che ha aiutato a ristabilire la comunicazione in casa ma non ha saputo aiutarci con la sonnolenza, le visioni e i cedimenti emotivi.

Ancora una volta di sera, in un giorno come tanti davanti alla TV, tra mille pubblicità insignificanti è passato lo spot dell’AIN con Lupo Alberto. Io sono scoppiata subito a ridere e ho detto: “Sara ma quella sei tu!” Sara come al solito ha avuto un cedimento sul divano. Ma mio marito mi ha guardato finchè ridevo dicendo: “scusa ma se fosse davvero Narcolessia?”. Io forse per rassegnazione mi ero messa in testa che tutta la sonnolenza di Sara fosse dovuta al sovrappeso per cui ho ignorato la cosa e tutt’ora ringrazio Dio di avere un marito così testone. Infatti il giorno dopo, a mia totale insaputa, mio marito si è messo in contatto con il dott. Ceretelli e ha prenotato una visita per Sara all’ospedale di Bologna.

Alla prima visita io ero tentata di intervenire ma per la prima volta ho visto Sara parlare dei suoi sintomi e dall’altra parte il dott.Plazzi pareva leggerle nel pensiero, le faceva domande sui sintomi che aveva e pareva conoscere Sara alla perfezione.

Ci hanno dato appuntamento una settimana dopo. Gli esami sarebbero duranti 3 giorni nei quali sara ha chiesto espressamente di stare da sola. Ovviamente io e mio marito abbiamo preso un hotel in zona in caso avesse avuto bisogno. Alla fine di tutto il dott.Plazzi ci ha detto che era senza dubbio Narcolessia con Cataplessia. E che è una malattia dalla quale non si guarisce. Ci ha spiegato tutto dei sintomi e in un mix tra disperazione e ansia abbiamo iniziato a vederci chiaro. Sara aveva 18 anni quando è stata diagnosticata e da allora sono passati 9 anni.

In questo periodo Sara ha trovato una terapia farmacologica che le permette di dormire la notte, è dimagrita molto ed è stupenda ora, è molto più attiva, molto più solare, ha appena finito l’Università e convive col suo ragazzo da 3 anni.

La prossima battaglia sarà trovare lavoro, le piacerebbe insegnare e con la sua forza di volontà, dopo aver imparato ad affrontare la malattia a testa alta, sono sicuro ce la farà. Posso solo dire che come genitori siamo orgogliosi di lei. E dobbiamo ringraziare l’associazione per averci messo in contatto col dott.Plazzi e per aver organizzato tutti gli incontri con gli altri ragazzi narcolettici e coi genitori che ci hanno dato più fiducia nel futuro e fatto capire che Narcolessia è solo il nome dato ai sintomi che Sara ha da tutta la vita, e solo sapendo chi è il tuo nemico puoi affrontarlo.