Lettera aperta di Alessandro Carmine Fricchione

Al Presidente della Repubblica
Dott. Sergio Mattarella
Piazza del Quirinale Palazzo del Quirinale
00187 ROMA
Fax 06 46993125

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Dott. Matteo Renzi
Palazzo Chigi
Piazza Colonna, 370
00187 ROMA
matteo@governo.it

Al Ministro della Salute
Dott.ssa Beatrice Lorenzin
Lungotevere Ripa 1
00153 ROMA
seggen@postacer.sanita.it

Al Ministro dell’Istruzione dell’Università e della ricerca
Dott.ssa Stafania Giannini
Via Michele Carcani, 61
00153 ROMA
urp@istruzione.it

Al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità
Dott. Gualtiero Ricciardi
Viale Regina Elena 299
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REPORT
Report@rai.it

MI MANDA RAITRE
MIMANDARAITRE@MIMANDARAI3

E P.C. PRESIDENTE ASSOCIAZIONE ITALIANA NARCOLETTICI E IPERSONNI
Dott. Icilio Ceretelli
presidenza@narcolessia.org

OGGETTO: SOS NARCOLESSIA

Buongiorno a tutti, sono il papà di Antonio un bambino speciale di 9 anni affetto da una malattia rara: “Narcolessia di tipo 1”. Con la presente voglio rappresentarVi una triste realtà comune alla maggior parte delle persone affette da tale patologia. Si, triste, fatta di solitudine, indifferenza, incomprensioni e guerre continue. In realtà, normalmente, vedere un bimbo che dorme fa tenerezza e nessuno sa o può immaginare il disagio, l’angoscia, l’impotenza di un padre che vede il proprio figlio passare la maggior parte del proprio tempo dormendo, mentre gli altri giocano, si divertono, insomma VIVONO. Lo so che le mie parole possono sembrare esagerate, ma, dedicandomi qualche minuto del Vs preziosissimo tempo, narrando la storia del mio omino speciale, capirete. La sua storia, come dicevo, ricalca quella di quasi tutti i malati di questa rara malattia ai più sconosciuta: -diagnosi errate (fatte da medici narcisisti attenti più ad accumulare titoli da inserire nella propria carta intestata che al reale evolversi della medicina ed alla cura del malato); -solitudine; -diffidenza; -incomprensioni di familiari e/o amici. Il tutto ha inizio nel giugno 2013 quando Antonio, un bimbo pieno di vita, speciale per carattere, bontà, dolcezza, protagonista assoluto nelle recite all’asilo, insomma il figlio che tutti vorrebbero avere, inizia a sentirsi molto stanco e con febbre alta. La febbre dopo appena un giorno scompare,sembra, quindi un semplice episodio febbrile. Dimenticavo di dirvi o meglio di sottolinearvi che un mese prima al piccolo era stato fatto il richiamo delle vaccinazioni obbligatorie (nella mia mente il nesso tra questo evento e la patologia c’è sempre stato seppur smentito da CANALE VERDE debitamente contattata). I giorni passavano e mia moglie notava che qualcosa in Antonio stava cambiando: era continuamente stanco, dormiva spesso, ed aveva cedimenti muscolari. Il pediatra di base, prontamente contattato, la liquidava con una battuta:”Signora lo lasci dormire con questo caldo, magari potessi dormire anch’io!!!” Insomma iniziavamo, seppur inconsapevolmente, a scontrarci con la prima caratteristica di questa malattia forse quella più difficile da accettare: L’INDIFFERENZA. Il Ns piccolo dormiva ed un bimbo che dorme fa tenerezza!!!!!! Devo dire ed anzi riconoscere a me stesso che in questa fase mia moglie, madre attenta scrupolosa, è stata più determinata di me non fermandosi. Una MAMMA è sempre una MAMMA!!!!! Così portammo il piccolo al Pronto soccorso della Ns città e dopo analisi, visite, i medici anche questa volta superficialmente, ipotizzarono che essendo il primo di tre figli, fingeva di cadere per attirare l’attenzione, non considerando la sonnolenza. Sentendo queste parole quando Antonio si addormentava o aveva cedimenti lo rimproveravo (ed ecco i miei primi rimorsi). Il giorno successivo, domenica 30 giugno, io e la mia famiglia passeggiavamo per il Corso ed Antonio correva allegro con i cugini. All’improvviso davanti ai Ns occhi il piccolo crollava letteralmente a terra come se all’improvviso il suo corpo si fosse bloccato. Vi assicuro che vedendo quella scena il mio cuore e sono convinto anche quello di mia moglie hanno “smesso di battere” e la vita ha assunto all’improvviso un colore diverso. Senza indugio, guardandoci negli occhi, prestavamo soccorso al Ns piccolo e d’impeto, lasciando gli altri figli alle cure dei nonni, lo portavamo ad un noto Ospedale pediatrico di Napoli. Al pronto soccorso, dopo vari esami e visite, decidevano di non ricoverare Ns figlio e solo a seguito di Ns insistenza e grazie al sostegno di un neurologo intervenuto per caso, optavano per farlo ricoverare il giorno seguente. Puntuali ci presentavamo all’ospedale dove il piccolo restava ricoverato circa 20 giorni. Inutile sottolinearvi le varie diagnosi ipotizzate durante la degenza (sclerosi multipla, tumore al cervello, epilessia ecc.) e i vari esami eseguiti (ECG, risonanza magnetica con e senza contrasto, TAC, potenziali evocati, elettromiografia ecc.). Durante la degenza il piccolo dormiva e continuava ad avere continui cedimenti muscolari tanto che per portarlo in giro dovevamo utilizzare il passeggino e per farlo mangiare dovevamo imboccarlo, essendo privo di forza (Antonio aveva già 6 anni!!!). Alla fine di questo calvario i medici ci dimettevano con una diagnosi vaga optando tra uno screzio mielitico ed una cerebellite virale, rassicurandoci che il problema era destinato a risolversi con il passare del tempo. Decidevamo allora, per mero scrupolo, di recarci presso il miglior centro neurologico italiano ed europeo, sito a Milano, ricevendo la conferma della diagnosi partenopea. Con il passar del tempo, effettivamente notavamo in Antonio dei miglioramenti, seppur lievi, soprattutto per la ripresa in autonomia dell’attività motoria e per la riduzione dei cedimenti muscolari facciali. Anche i controlli periodici, nonché le varie visite neurologiche eseguite privatamente, visti i progressi del piccolo, confermavano che la malattia stava regredendo,. Dopo circa 2 anni dall’estate 2013 Antonio aveva completamente ripreso le sue funzioni motorie, i cedimenti erano quasi del tutto scomparsi, ma continuava la sonnolenza diurna. Per questo decidevamo di fare un ulteriore consulto, sempre a pagamento, da un noto professore romano. Il prof dopo aver visitato Antonio confermava la patologia virale sottolineando, tuttavia, che una vera e propria diagnosi era difficile da farsi considerando il mancato prelievo liquor. Tuttavia anche questa volta “ci confortava” affermando che al di là di tutto si trattava quasi certamente di una patologia virale destinata a risolversi da sola. Solo su ns insistenza ci indicava il nominativo del prof Plazzi per approfondire la problematica relativa alla sonnolenza sottolineando, tuttavia, che il bimbo neurologicamente era sano. Questo accadeva nel dicembre 2015. Antonio iniziava ad essere stanco delle continue visite ed anche noi iniziavamo a sentirci forse troppo ansiosi considerando che tutti gli illustri Dottori interpellati avevano concluso per una patologia virale destinata a risolversi con il tempo. Motivo per cui decidevamo di sospendere il “girovagare”. Tuttavia, dopo qualche mese, vedendo Antonio non migliorare decidevamo di prenotare una visita con il Prof Plazzi presso l’Ospedale Bellaria di Bologna. Al prof bastava vedere Antonio per pochi minuti per diagnosticare la probabile patologia NARCOLESSIA DI TIPO 1. Non vi nego che non accettai la cosa, non perché non volessi accettare che mio figlio soffrisse di una qualche patologia, io e mia moglie convivevamo con il problema da tre anni e nonostante le varie rassicurazioni dei medici eravamo ben consci che Antonio avesse qualche patologia e la Ns continua ricerca lo testimoniava, ma perché non potevo credere che dopo tre lunghi e pesanti anni che hanno cambiato la Ns vita e dopo aver soprattutto interpellato illustri Dottori che avevano sottoposto Antonio a lunghissime visite, ora erano bastati pochi minuti per diagnosticare questa malattia che per quanto rara era stata scoperta nel 1877 ed era tabellare???!!!!!!! Insomma tornavo da Bologna più dubbioso che mai: AVEVAMO PERSO TRE ANNI O ERAVAMO DINANZI ALL’ENNESIMO FLOP??!!!! Credetemi per un padre, marito, come me che vuole sempre proteggere e preservare la propria famiglia contro tutto e tutti sono stati e sono brutti momenti. Nonostante i mille dubbi decidevamo di dare fiducia al Prof Plazzi (del resto parlando onestamente ormai in Italia erano rimaste poche altre alternative da interpellare). Il cucciolo, così, veniva ricoverato e sottoposto agli esami del caso ed alla fine veniva confermata la diagnosi: NARCOLESSIA DI TIPO 1. Insomma avevo una risposta al mio dubbio AVEVAMO PERSO TRE ANNI!!!!! Nessun medico aveva neanche ipotizzato tale diagnosi, paradossalmente eravamo contenti. Il Ns nemico aveva finalmente un nome!!!! Ora non restava che chiedere con quali armi affrontare o meglio combattere la battaglia potendo contare su un prezioso alleato il Prof. Plazzi ed il suo magnifico staff. Ed ecco la seconda amara sorpresa: per tale malattia rara non c’è cura ed i medicinali di ultima generazione maggiormente consigliati non si trovano in Italia, ma possono essere ottenuti soltanto chiedendo la CARITA’ agli altri Stati.

Ed ecco le mie domande:

Come è possibile che nel 2016 ancora non via sia una pronta diagnosi per tale patologia? Come mai i farmaci necessari per rendere la vita di un narcolettico quantomeno accettabile non possono essere forniti dal Ns Stato attraverso il Servizio Sanitario Nazionale? La ragione è puramente economica? Come deve sentirsi un onesto cittadino Italiano? Sono destinati fondi per finanziare la ricerca su tale malattia rara? Ricordando a TUTTI che la Ns Costituzione garantisce il diritto alla salute e che tutela le minoranze (volendo fare un discorso puramente di numeri e non di uomini) chiedo, gentilmente, a chi di dovere una risposta e/o agli organi di informazione di approfondire questa triste condizione

Antonio Vi ringrazia in anticipo.

In Fede
Un Padre colpito ma non abbattuto

Racconto di Francesco, lavoratore, padre e nonno narcolettico

Ciao a tutti Mi chiamo Francesco, sono un giovane nonno di 68 anni che ha fatto una vita a convivere con la narcolessia.
Solo che ne sono stato allo scuro per la maggior parte del tempo.
Erano anni di semplicità quelli nei quali sono nato e cresciuto. Era l’epoca della campagna, e per i ragazzini della bassa pavese, dopo la scuola (elementare) si lavorava già. Tanti di noi avevano i campi e lavoravano con i genitori.
Io ed i miei 4 fratelli siamo sempre stati molto uniti e abbiamo sempre lavorato molto aiutando nostro padre.
Il trattore era la nostra macchina e ci dava quasi un senso di libertà guidarlo.
Io ero il più giovane, ma ciò nonostante sapevo fare la mia parte. Sono sempre stato un “toretto” mi dicevano. Non mi fermavo mai.
Dall’età di 15 anni ho iniziato a lavorare a pieno ritmo. La giornata lavorativa era abbastanza semplice. Ci si alzava alle 5 la mattina, si faceva una abbondante colazione, si andava a lavorare i campi, poi alle 10 si faceva un bello spuntino, con pane e affettato, rigorosamente fatti in casa o scambiati coi nostri parenti che avevano l’allevamento, poi di nuovo al lavoro. Il pranzo era alle 12 in punto e mia madre si arrabbiava se qualcuno ritardava. Dopo la preghiera, si mangiava primo, secondo, e caffè, che ovviamente mia madre preparava con tantissimo amore. Dopo avevamo una una mezz’oretta di riposo per poi tornare al lavoro fino alle 16. Si lavorava fino alle 18 salvo l’interruzione per una merendina pomeridiana.
La sera finalmente avevamo la libertà di uscire e io usavo la graziella di mia madre per ritrovarmi con gli amici all’oratorio.
Era una vita semplice, piacevole anche se dura.
Ai miei tempi non si stava a casa per un raffreddore, non ci si poteva permettere di mancare. Se si aveva la febbre spesso veniva il medico a casa a vedere come stavi. Se era qualcosa di leggero ti davano una pastiglietta seguita dalla vera “medicina” ovvero il miele. E’ stato proprio dopo una febbre, verso i 18 anni che ricordo di aver iniziato ad avere i sintomi della narcolessia.
La prima cosa che notavo erano i cedimenti muscolari della faccia. Il medico diceva che facevo fatica ad alzarmi perchè la febbre mi aveva debilitato molto, di prendere zuccheri, mangiare e bere molta acqua.
All’epoca i miei fratelli erano già sposati e via di casa, io ero l’ultimo e lo sono rimasto per molto perchè mia moglie l’ho conosciuta a 25 anni. Dopo la febbre mi rendevo conto di avere molta stanchezza addosso, avevo sempre mal di testa la sera, e quando mi facevano ridere avevo questi cedimenti delle braccia e del volto. Non capivo cosa fosse ma mi sentivo a disagio. Per gli altri ero solo tanto emotivo, infatti avevo un po questa fama. Pigro e emotivo.
Ma mia moglie ci ha sempre visto lungo. Lei non ha mai visto la mia sonnolenza come normale. 
Ma all’epoca non aveva alcun senso presentarsi in ospedale dicendo che hai tanto sonno.
Così abbiamo avuto due figli, due creature meravigliose che mi hanno amato più di quanto meritassi. Io ho sempre fatto il mio lavoro nei campi e in certe situazioni era diventato un rifugio perchè non ero capace di stare coi miei bambini. Avevo delle emozioni così forti che temevo di farli cadere se li avevo in braccio o di cadergli addosso io se ero con loro.
Li ho visti crescere da lontano con mia moglie che ha sempre fatto di tutto per metterci vicini. E’ strano che loro mi abbiano sempre amato nonostante la mia assenza ma non cerco scuse, io avevo paura di fare loro del male fisico lasciandoli o cadendo su di loro.
La situazione non era bella perchè anche sul lavoro rendevo male. Ma ho continuato nella mia testardaggine, ignorando le migliaia di volte che mia moglie mi pregava di farmi visitare.
Raggiunti i cinquant’anni, coi figli ormai grandi, ho deciso di fare una visita con un primario di cui evito di fare il nome per correttezza.
Questo primario senza analisi mi ha diagnosticato un Alzheimer. Ebbene si questa stanchezza cronica, questi cedimenti erano sicuramente per l’Alzheimer. Precoce ma per lui non vi erano dubbi.
Così tornai a casa distrutto, ma mia moglie era incazzata. Diceva che non era vero e che si sbagliava. Lei l’Alzheimer lo aveva vissuto in casa con il padre, per cui sicuramente aveva una certa esperienza ma nella mia testa pensavo, “non si può certo sbagliare il dottore che ha studiato!”.
Così passarono gli anni in attesa del mio degenero psicofisico ma nulla. A mia moglie spesso chiedevano che farmaci prendessi.
Ero rimasto sempre il solito, un po pigro, un po svogliato, e molto emotivo.
Nella mia testa pensavo che se anche gli altri con l’Alzheimer avessero continuato a lavorare forse sarebbero stati meglio pure loro.
Ma il tempo passava e non c’erano peggioramenti. 
Nel 2005 a 60 anni sono andato in pensione. Non sapevo che fare, e mia moglie insisteva di andare in giro, viaggiare ma io non avevo mai voglia di far nulla. Dormivo continuamente anche davanti alla tv, persino al bar con gli amici.
Per puro caso quell’anno mia moglie vide lo spot del lupo narcolettico in tv.
Dopo aver parlato con il presidente siamo stati al centro del sonno. Qui dei dottori di cui sinceramente non mi fidavo molto, con poche domande hanno fatto la diagnosi. Per loro era narcolessia. Ma per sicurezza hanno voluto tenermi nell’ospedale e mi hanno attaccato tra quei pochi capelli che mi restano, degli elettrodi per vedere come dormo. A me questa cosa sembrava ridicola.
Ma mia moglie era quasi contenta, come se sapesse che ha trovato la cosa giusta.
Dopo 3 giorni di studi mi hanno confermato la diagnosi di narcolessia.
Confesso di essere tornato a casa scocciato. Pensavo che fosse una cavolata, come poteva essere una malattia il fatto che fossi stanco e molto emotivo? Cioè i sintomi erano davanti gli occhi di tutti e nessuno aveva mai notato la cosa come fosse strana?
Eppure dopo i primi mesi in terapia mi sentivo un’altro.
Col passare del tempo, con l’aggiustamento della terapia le cose sono persino migliorate.
Oggi porto mia moglie ogni weekend a fare passeggiate in montagna, abbiamo fatto delle belle crociere, viviamo una vita intensa nonostante l’età. E poi la vita mi ha dato una seconda possibilità di dare amore non solo ai miei figli ma anche a degli splendidi nipotini. Fare il nonno ormai è diventato il mio lavoro ed è stupendo. Tutto questo lo devo alla perseveranza di mia moglie. E devo ringraziare l’associazione e i medici che studiano la narcolessia perchè anche grazie a loro ho iniziato a vivere dopo i 60 anni.
Non perdete mai la speranza, perchè se ce l’ho fatta io, potete farcela anche voi!.