Racconto di Francesco, lavoratore, padre e nonno narcolettico

Ciao a tutti Mi chiamo Francesco, sono un giovane nonno di 68 anni che ha fatto una vita a convivere con la narcolessia.
Solo che ne sono stato allo scuro per la maggior parte del tempo.
Erano anni di semplicità quelli nei quali sono nato e cresciuto. Era l’epoca della campagna, e per i ragazzini della bassa pavese, dopo la scuola (elementare) si lavorava già. Tanti di noi avevano i campi e lavoravano con i genitori.
Io ed i miei 4 fratelli siamo sempre stati molto uniti e abbiamo sempre lavorato molto aiutando nostro padre.
Il trattore era la nostra macchina e ci dava quasi un senso di libertà guidarlo.
Io ero il più giovane, ma ciò nonostante sapevo fare la mia parte. Sono sempre stato un “toretto” mi dicevano. Non mi fermavo mai.
Dall’età di 15 anni ho iniziato a lavorare a pieno ritmo. La giornata lavorativa era abbastanza semplice. Ci si alzava alle 5 la mattina, si faceva una abbondante colazione, si andava a lavorare i campi, poi alle 10 si faceva un bello spuntino, con pane e affettato, rigorosamente fatti in casa o scambiati coi nostri parenti che avevano l’allevamento, poi di nuovo al lavoro. Il pranzo era alle 12 in punto e mia madre si arrabbiava se qualcuno ritardava. Dopo la preghiera, si mangiava primo, secondo, e caffè, che ovviamente mia madre preparava con tantissimo amore. Dopo avevamo una una mezz’oretta di riposo per poi tornare al lavoro fino alle 16. Si lavorava fino alle 18 salvo l’interruzione per una merendina pomeridiana.
La sera finalmente avevamo la libertà di uscire e io usavo la graziella di mia madre per ritrovarmi con gli amici all’oratorio.
Era una vita semplice, piacevole anche se dura.
Ai miei tempi non si stava a casa per un raffreddore, non ci si poteva permettere di mancare. Se si aveva la febbre spesso veniva il medico a casa a vedere come stavi. Se era qualcosa di leggero ti davano una pastiglietta seguita dalla vera “medicina” ovvero il miele. E’ stato proprio dopo una febbre, verso i 18 anni che ricordo di aver iniziato ad avere i sintomi della narcolessia.
La prima cosa che notavo erano i cedimenti muscolari della faccia. Il medico diceva che facevo fatica ad alzarmi perchè la febbre mi aveva debilitato molto, di prendere zuccheri, mangiare e bere molta acqua.
All’epoca i miei fratelli erano già sposati e via di casa, io ero l’ultimo e lo sono rimasto per molto perchè mia moglie l’ho conosciuta a 25 anni. Dopo la febbre mi rendevo conto di avere molta stanchezza addosso, avevo sempre mal di testa la sera, e quando mi facevano ridere avevo questi cedimenti delle braccia e del volto. Non capivo cosa fosse ma mi sentivo a disagio. Per gli altri ero solo tanto emotivo, infatti avevo un po questa fama. Pigro e emotivo.
Ma mia moglie ci ha sempre visto lungo. Lei non ha mai visto la mia sonnolenza come normale. 
Ma all’epoca non aveva alcun senso presentarsi in ospedale dicendo che hai tanto sonno.
Così abbiamo avuto due figli, due creature meravigliose che mi hanno amato più di quanto meritassi. Io ho sempre fatto il mio lavoro nei campi e in certe situazioni era diventato un rifugio perchè non ero capace di stare coi miei bambini. Avevo delle emozioni così forti che temevo di farli cadere se li avevo in braccio o di cadergli addosso io se ero con loro.
Li ho visti crescere da lontano con mia moglie che ha sempre fatto di tutto per metterci vicini. E’ strano che loro mi abbiano sempre amato nonostante la mia assenza ma non cerco scuse, io avevo paura di fare loro del male fisico lasciandoli o cadendo su di loro.
La situazione non era bella perchè anche sul lavoro rendevo male. Ma ho continuato nella mia testardaggine, ignorando le migliaia di volte che mia moglie mi pregava di farmi visitare.
Raggiunti i cinquant’anni, coi figli ormai grandi, ho deciso di fare una visita con un primario di cui evito di fare il nome per correttezza.
Questo primario senza analisi mi ha diagnosticato un Alzheimer. Ebbene si questa stanchezza cronica, questi cedimenti erano sicuramente per l’Alzheimer. Precoce ma per lui non vi erano dubbi.
Così tornai a casa distrutto, ma mia moglie era incazzata. Diceva che non era vero e che si sbagliava. Lei l’Alzheimer lo aveva vissuto in casa con il padre, per cui sicuramente aveva una certa esperienza ma nella mia testa pensavo, “non si può certo sbagliare il dottore che ha studiato!”.
Così passarono gli anni in attesa del mio degenero psicofisico ma nulla. A mia moglie spesso chiedevano che farmaci prendessi.
Ero rimasto sempre il solito, un po pigro, un po svogliato, e molto emotivo.
Nella mia testa pensavo che se anche gli altri con l’Alzheimer avessero continuato a lavorare forse sarebbero stati meglio pure loro.
Ma il tempo passava e non c’erano peggioramenti. 
Nel 2005 a 60 anni sono andato in pensione. Non sapevo che fare, e mia moglie insisteva di andare in giro, viaggiare ma io non avevo mai voglia di far nulla. Dormivo continuamente anche davanti alla tv, persino al bar con gli amici.
Per puro caso quell’anno mia moglie vide lo spot del lupo narcolettico in tv.
Dopo aver parlato con il presidente siamo stati al centro del sonno. Qui dei dottori di cui sinceramente non mi fidavo molto, con poche domande hanno fatto la diagnosi. Per loro era narcolessia. Ma per sicurezza hanno voluto tenermi nell’ospedale e mi hanno attaccato tra quei pochi capelli che mi restano, degli elettrodi per vedere come dormo. A me questa cosa sembrava ridicola.
Ma mia moglie era quasi contenta, come se sapesse che ha trovato la cosa giusta.
Dopo 3 giorni di studi mi hanno confermato la diagnosi di narcolessia.
Confesso di essere tornato a casa scocciato. Pensavo che fosse una cavolata, come poteva essere una malattia il fatto che fossi stanco e molto emotivo? Cioè i sintomi erano davanti gli occhi di tutti e nessuno aveva mai notato la cosa come fosse strana?
Eppure dopo i primi mesi in terapia mi sentivo un’altro.
Col passare del tempo, con l’aggiustamento della terapia le cose sono persino migliorate.
Oggi porto mia moglie ogni weekend a fare passeggiate in montagna, abbiamo fatto delle belle crociere, viviamo una vita intensa nonostante l’età. E poi la vita mi ha dato una seconda possibilità di dare amore non solo ai miei figli ma anche a degli splendidi nipotini. Fare il nonno ormai è diventato il mio lavoro ed è stupendo. Tutto questo lo devo alla perseveranza di mia moglie. E devo ringraziare l’associazione e i medici che studiano la narcolessia perchè anche grazie a loro ho iniziato a vivere dopo i 60 anni.
Non perdete mai la speranza, perchè se ce l’ho fatta io, potete farcela anche voi!.