Il paradosso del malato di Narcolessia: Niente terapia perchè abruzzese





Articolo di Enza Cusmai su “Il Giornale” del 2/9/2014

Ha solo 15 anni quando Enrico, che vive all’Aquila, sviene ad una festa dopo aver ascoltato una barzelletta. Dopo quell’episodio si addormenta improvvisamente a scuola, sull’autobus, sul divano e rimane sveglio come un grillo tutta la notte. Passa da uno specialista all’altro, si sottopone a mille esami e alla fine danno tutti la colpa al terremoto che gli ha sballato i bioritmi! Dopo sette lunghi anni di accertamenti mai azzeccati, il professor Alessandro Rossi capisce che quello del ragazzo è un serio disturbo del sonno. E lo spedisce a Bologna dove all’ospedale Bellaria di Bologna il bravo professor Giuseppe Plazzi spiega a Enrico che è affetto da una patologia rara, che si chiama narcolessia con #cataplessia, 2000 casi accertati in tutta Italia.

Per fortuna ci sono le medicine che tengono sotto controllo questa patologia che ti sconvolge l’esistenza, perché ti fa crollare dal sonno di giorno e non ti fa dormire la notte.

Ma la fortuna per Enrico si ferma qui. Le medicine, che costano 2200 euro al mese, se le deve comprare di tasca sua perché ha la sfortuna di essere nato e vissuto in #Abruzzo. Se fosse residente in Lombardia, o in Puglia, o in Veneto, o in altra regione italiana, non si dovrebbe svenare per pagare il farmaco dedicato ad una malattia rara. E’ solo l’Abruzzo che rifiuta di accollarsi l’onere sanitario. Il motivo? Burocratico: siccome la regione è commissariata non può sforare i vincoli del piano economico. E #chissenefrega se Enrico ha solo 22 anni, se vive in una città ancora piena di macerie, se ha un padre disoccupato da 18 mesi, e una madre che lo assiste giorno e notte. Questi sono dettagli che agli amministrativi non interessano. I codicilli prevalgono sulle storie di toccante umanità. “Gli errori che hanno fatto i politici li devono pagare i malati..” commenta amara Marilena Iovenitti, mamma di Enrico. Una mamma coraggio che prima ha dato fondo a quasi tutti i risparmi della famiglia (in tre mesi hanno speso circa 7000 mila euro) e ora si ribella a questi lacci burocratici. “Mi sono rivolta all’assessore regionale, al Commissario, al ministero della Salute, nessuno ha risolto ancora la questione ma mio figlio deve prendere questo farmaco perché altrimenti non può fare una vita normale. Ha dovuto sospendere gli studi e ora che sta meglio vorrebbe tornare all’università”.

Enrico ora dorme di notte, circa sei ore, una conquista per uno che non chiudeva occhio. E di giorno, ha solo un paio di crolli, due piccoli sonnellini di dieci minuti che lo rigenerano. Ma per stare bene deve prendere Xyrem, un farmaco di fascia C e dispensato gratuitamente ovunque, tranne che in Abruzzo. Ora ogni dieci giorni la famiglia di Enrico sborsa 725 (un mutuo molto costoso) per un totale di 2200 al mese. Alla regione allargano le braccia e al ministero paradossalmente rinviano la palla all’Aifa, suggerendo di far passare lo Xyrem in fascia A e dunque mutuabile. Come se un privato avesse il potere di fare queste acrobazie amministrative per poter ottenere quello che è suo sacrosanto #diritto.